lunedì 1 novembre 2010

Zombi


Zombi (Dawn of the Dead), di G. Romero, colore, 118 min., USA 1978.


Lo Zombie di Romero non è solo un automa, una volontà che cammina privo di consapevolezza con lo sguardo puntato verso il nulla. Ma una creatura, se così la si può definire, che ha un’evoluzione, un cambiamento portatogli dalla realtà esterna. Subisce la violenza dell’uomo, le sue beffe, le sue torte in faccia. Diventa il suo tiro da bersaglio in un’improvvisata gara campestre tra una bistecca e una lattina di birra vuota lanciata in aria.
Gli Zombie sono oggetto di scherno e di rapina. Vengono privati anche di quella poca umanità che mantengono.  Memorabile è la scena della Signora – Zombie defraudata dei suoi gioielli.
Sono condannati due volte. Prima alla Non-Morte, a questa specie di Limbo in cui sono costretti a sostare e per cui cercano sempre l’uomo. Non posso sentirne l’odore o il rumore, che accorrono e lo accerchiano perché ne bramano la carne.
Interessante è la versione di Romero su questo loro sostare. Il regista, riprendendo la religione vodoo, farà dire ad uno dei personaggi umani: “Quando non ci sarà più posto all’Inferno, i morti cammineranno sulla Terra!”.
La seconda condanna arriva dall’uomo, dall’essere che fino a poco fa erano e che ora li disprezza. Passa il momento della paura e dell’affezione verso queste creature che potevano essere familiari o amici. Si scopre che spappolandogli il cervello, vengono eliminati e subentra il disprezzo verso qualcosa che è estraneo, che non si conosce e che li sta invadendo.
Nelle prime scene del film, c’è il rifiuto e lo sdegno verso la proposta dello scienziato di eliminare gli Zombie. Ma questi cominciano a moltiplicarsi, ad azzannare l’essere umano e allora si cambia musica. Tra l’altro, curata da Dario Argento con il gruppo The Goblin, che a questo punto fanno partire la carica. Così si sottolinea la superiorità che l’uomo prova rispetto allo Zombie, a cui la morte non viene donata per trovare pace.
Così anche loro si trasformano. Scompare lo Zombie – Miguelito che sembra voler abbracciare la sua vittima prima di morderla e compaiono orde di esseri pronti a sbudellare, staccare e contendersi pezzi di carne.
Gli Zombie sono contagiati dalla violenza degli uomini che a loro volta ricevono la Non-Morte.
Ma non c’è nessuno per cui patteggiare. Non si riesce a scegliere tra l’una e l’altra parte perché non c’è un bene o un male tra cui scegliere.
I protagonisti umani non fanno nulla per farsi piacere. Uccidono con indifferenza e si impossessano di tutto ciò che trovano.
Non a caso si rifugiano in un Centro Commerciale, l’emblema del consumismo, dove è possibile comprare tutto, soprattutto l’inutile. La rappresentazione del modello americano, oramai trapiantato in Europa, diventa la Roccaforte, il luogo sicuro in cui chiudersi e in cui si ha l’apparenza di essere felici. Altra scena significativa è quella in cui due personaggi umani, appena arrivati al Centro, si guardano negli occhi e senza pensare alla loro sicurezza e a quella degli altri due compagni, presi dall’adrenalina, decidono di darsi “al barbaro shopping”. È l’occasione giusta per avere ciò che normalmente non posso permettersi di comprare. Sembra quasi che vivano una vita che non gli appartiene e per cui provano invidia verso chi la poteva condurre.
Allo stesso tempo, si affaccia la Non-Vita.
Alla Non-Morte degli Zombie si alterna la Non-Vita degli uomini avvolti dalla noia e dal vuoto.
L’angoscia appare sui volti dei personaggi umani, immobili, in posizioni plastiche e silenziose. Stavolta sono loro ad avere lo sguardo perso.
Finché non arriva un altro gruppo di uomini, veri razziatori, che minacciano la Roccaforte. La solidarietà non trova spazio, a differenza del sentimento di possesso su qualcosa di cui ci si è impadroniti per primi.
Ma la domanda che alleggia tra tutti non viene posta direttamente, eppure trova lo stesso risposta. Gli Zombie non possono fare a meno di mordere un essere umano quando lo incontrano perché quello che mordono è ciò che non hanno, la Vita!

Gabriella Galbiati

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