L'uomo in più di Paolo Sorrentino, col, 100', It, 2001
’A vita è ‘na strunzata
(Tony Pisapia)
Paolo Sorrentino evidenzia la condizione esistenziale di due uomini (Tony e Antonio Pisapia) che hanno lo stesso nome e destini più o meno simili, per successi e sconfitte. Le due storie scorrono parallele, i protagonisti non si conoscono e non s’incontrano mai, se non nel finale, quando il loro sguardo s’incrocia per un attimo al mercato del pesce; da qui poi si delinea la chiusa della trama in cui il regista, anziché far vedere i due personaggi uniti e affiancati nel prosieguo della loro vita, in un lieto fine sperato dallo spettatore, porta alle estreme conseguenze il tratto esistenziale dei protagonisti con il suicidio di Antonio e l’omicidio commesso da Tony.

A questo interrogativo gli uomini percepiscono una violenza! Ribattono che nel loro DNA esiste il senso del non poter apparire deboli, perché sono abituati al cameratismo, si giustificano col “siamo stati educati così” e rivolgono accuse al continuo voler giudicare e pronunciar sentenze critiche da parte delle donne nei loro confronti. Riportano, non a caso, l’attenzione sulla mamma di Tony, che quando lo trova nel letto con una sedicenne gli dice “Nel letto di tua figlia ti metti a fare queste porcate, ci dovevi morire tu in fondo a quel mare, stronzo cocainomane”.

Tony è un cantante di grande successo, che in passato ha già avuto una condanna per spaccio di droga ed ha trascorso quattro anni in carcere. Poi sembra ritornare all’apice del successo, ma l’episodio con la sedicenne, che in seguito lo denuncia e che, nonostante il cantante, al processo, risulterà innocente, non gli consente più di raggiungere il successo. Come Antonio, cade nel baratro della solitudine, tra le fredde mura della sua lussuosa casa, dedicandosi all’arte culinaria nel perfezionare l’elaborazione di piatti, sempre a base di pesce, pietanze che aveva imparato a preparare proprio nelle carceri, luogo dove alla fine, per l’insensatezza della vita, ritrova la sua libertà interiore ed il calore dell’amicizia solidale nei suoi compagni di cella. La figura delineata da Sorrentino è, in questo caso, quella di un estroso, un passionale, un cocainomane, un donnaiolo e un amorale. Durante il dibattito si pone la riflessione se sia giusto o illogico considerare Tony il personaggio vincente: un uomo che, dopo tutto, resta pur sempre un omicida.
Il riscontro della sostanziale differenza tra le personalità dei due protagonisti, così fondamentalmente diversi, questi doppi, questi riflessi, fanno trasparire una dualità in uno, che fa venire alla mente Lo strano caso del dr. Jekyll e di mr. Hyde, ritrovando in questa analogia il significato dell’uomo in più, colui che deve morire per la rinascita dell’altro!
Il film inizia con una citazione di Pelè: “Nella vita non esiste il pareggio. O si perde o si vince”. Forse a dire “o si vive o si muore”; ed ecco perché il perdente sarebbe Antonio ed il vincente Tony. Il dibattito si estende soprattutto sulla solitudine e la tristezza degli uomini, sull’alienazione di due ambienti particolari della nostra società: il calcio e la musica leggera. Si legge il narcisismo nella figura dei due uomini i quali dimostrano di anelare solo al successo e che nel momento in cui lo perdono cadono in depressione.
Infine, un’altra osservazione affiorata è che i due protagonisti, così opposti caratterialmente ma entrambi con un sogno da realizzare, ricordano i personaggi femminili incontrati nel film di Dino Risi, Il segno di Venere. Antonio ricorda la figura di Cesira, mentre Tony è associato ad Agnese.
Il dibattito si è concluso con la richiesta agli uomini di interrogarsi sulla propria identità, sull’ascolto della chiamata a mostrarsi (e non a trasformarsi) per quello che realmente sono nella loro essenza e non per il ruolo che è stato loro attribuito nella società. Riusciranno ad aprirsi al dialogo? Potranno coalizzarsi con serenità e trasparenza per la comprensione reciproca con l’altro sesso?
Elvira Acampora
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