mercoledì 21 marzo 2012

Alda Merini - Compleanno fantasmatico


Brindisi:

“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno… per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.


© Gianfranco Irlanda

© Gianfranco Irlanda

© Gianfranco Irlanda


Solitudine:

Vedete queste foto? Sono belle vero? Sono i Navigli… si trovano a Milano.

sabato 10 marzo 2012

La terra degli uomini rossi

La terra dei Birdwatchers
Prima che i Portoghesi scoprissero il Brasile,
il Brasile aveva scoperto la felicità.
O. De Andrade


La felicità del Brasile, al di là dell’iconografia carnascialesca, consiste ed è consistita nella fecondità della sua terra ricca di vegetazione, minerali preziosi e metalli, che hanno sfamato per oltre cinquecento anni la macchina pesante dell’industria e della finanza europee e poi statunitensi, ma prima ancora e soprattutto nell’appropriatezza dei suoi abitanti al territorio. Ed è stata questa stessa appropriatezza o felice relazione “ecologica” ed “economica” ciò che gli uomini rossi hanno dovuto scontare nei secoli successivi alla loro “scoperta”. Oggi il Brasile fa parte del gruppo dei paesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), paesi caratterizzati da realtà in via di sviluppo che si stanno affermando rapidamente nel contesto dell’economia globale al costo di perpetuare o incrementare, come avviene nella federazione brasiliana, le forti sperequazioni sociali ed economiche sia tra gli stati che al loro interno. Lo sviluppo post-coloniale non fa che riaprire l’antico squarcio che la terra e gli abitanti indigeni hanno sopportato nel corso della storia.

venerdì 9 marzo 2012

Il pasto nudo


Il pasto nudo (Nacked Lunch) di David Cronenberg, colore, 115', Canada, Uk, Giappone 1991.




«Sterminare tutti i pensieri razionali,
questa è la conclusione alla quale sono giunto»
W. Burroughs

I. Disinfestazione: Guglielmo Tell e il fantasma americano

Guglielmo Tell, eroe svizzero della fine del XIII secolo, fu imprigionato pur essendo riuscito a compiere un’impresa degna di memoria: centrare con una freccia la mela posta sul capo di suo figlio. L’assurdo atto imposto all’arciere alla mancata riverenza nei confronti del balivo locale: Guglielmo non s'era tolto il cappello. La consapevolezza  della pericolosità dell’azione è ben testimoniata dal fatto che Guglielmo, al momento della prova, nascondesse sotto il mantello una freccia in più, per poter colpire il tiranno qualora avesse mancato la mela e ucciso il proprio figliolo (fatto che nella versione antigiudaica e protoprotestante elvetica non poteva certo avvenire). Pronto all’odiato sacrificio del suo Isacco per la libertà, l’eroe deve accontentarsi della gloria e della reclusione. La prigione è infatti il solo premio per le sue doti.
Ne Il pasto nudo, Will Lee, protagonista della storia, tenta la stessa impresa, solo che al posto di Gualtierino c’è sua moglie Joan, della balestra una pistola e della mela un bicchiere vuoto. Non c’è la lotta contro la tirannia (e nemmeno, del resto, lo sfondo di una nascente lega cittadina) bensì una maldestra resistenza al controllo sulle menti attuato dallo stato, all’interno del quale l’uso di sostanze stupefacenti diventa antidoto e insieme lubrificante del potere occulto. William Lee, il cui nome richiama evidentemente quello dell’eroe svizzero, sfuggito alle autorità giudiziarie di New York per l’assassinio della moglie e la detenzione di sostanze stupefacenti, è costretto, attraverso i messaggi di alieni costrutti che hanno forma di insetti, a rifugiarsi a Tangeri e redigere rapporti. Tutti i gesti della sua vita erano stati previsti e incoraggiati da un potere esoterico che si manifesta (e qui è veramente confuso) nei momenti allucinati sotto gli effetti della droga o forse in quei pochi attimi di lucidità. Intervalli in cui, probabilmente, il mondo ci appare veramente per com’è: governato da assurdi insetti che ci parlano e ci comandano attraverso ciò che maggiormente si avvicina ad un orifizio anale (trasposizione visiva organomeccanica tutta squisitamente cronenberghiana, questa, che non appartiene affatto al romanzo di Burroughs).


Nel consueto gioco di scatole cinesi del regista canadese, che fa somigliare la pellicola ad un quadro di Escher, in un continuo rincorrersi tra realtà e finzione, la valenza politico-mediatica del testo filmico si snoda grazie alle vicende personali del protagonista, che sono poi le stesse dell’autore del romanzo pseudo-autobiografico. Molto più che al romanzo, il regista canadese infatti si ispira alla vita dell’autore: i due amici che raggiungono Will a Tangeri e lo incoraggiano a finire la sua opera non sono presenti nel testo ma nella vita di W.B. e sono i già famosi scrittori della Beat, Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Si sottolinea quindi la forte contestazione della società americana dell’epoca, che nel girato di Cronenberg si articola attraverso una satira cromatica, che fa da contraltare all’angoscia psicotica e allucinatoria della trama. Il nostro maldestro Guglielmo Tell si ritrova a sfuggire dalla legge e dalla droga, per scoprire solo alla fine che il medico, il solo che avrebbe potuto risolvere la sua stessa dipendenza, era in realtà il suo stesso spacciatore. Una metafora dell’azione mediatico-repressiva di ogni stato, ma in particolare di quello americano dell’epoca molto ben sintetizzato dalla frase che il sedicente dottore  Mister Benway afferma: «Deploro la violenza. È così inefficace».
Impossibile non pensare al Kubrick di Arancia meccanica.
E tuttavia il gioco sottile del potere non si esaurisce sotto un’unica dipendenza.