Il segno di Venere, di Dino Risi , B/N, 93’, It, 1955
"Questa è la cucina e qui comando io"
(Zia Tina)
Il segno di Venere, potrebbe forse essere definito come un film “protofemminista”.
Dino Risi propone, attraverso la storia di due cugine nella Roma degli anni 50, la parabola di un femminile che, declinato apparentemente all’opposto, non trova risposte ai propri sogni e rimane vittima di un mondo (maschile) che non fa che sfruttarlo.
Cesira (Franca Valeri) è la cugina milanese, bruttina ma indipendente, di Agnese (Sofia Loren) bella meridionale, incapace di trovare un lavoro onesto. Il film segue le loro vicende nel rapporto con gli uomini, fermi nei propri vizi e difetti come siluette di nessuna sostanza, ricalcanti altrettanti tipi umani: un ladruncolo mammone (Alberto Sordi), un superficiale fotografo rimbambito, più che conquistato, dalla procacità di Agnese (Peppino De Filippo), un poeta squattrinato, approfittatore e impenitente (Vittorio De Sica), e infine il bello e prestante atleta del rispetto che cade nella trappola più comune pur di concupire l’ingenua bellezza (Raf Vallone).
Dino Risi propone, attraverso la storia di due cugine nella Roma degli anni 50, la parabola di un femminile che, declinato apparentemente all’opposto, non trova risposte ai propri sogni e rimane vittima di un mondo (maschile) che non fa che sfruttarlo.
Cesira (Franca Valeri) è la cugina milanese, bruttina ma indipendente, di Agnese (Sofia Loren) bella meridionale, incapace di trovare un lavoro onesto. Il film segue le loro vicende nel rapporto con gli uomini, fermi nei propri vizi e difetti come siluette di nessuna sostanza, ricalcanti altrettanti tipi umani: un ladruncolo mammone (Alberto Sordi), un superficiale fotografo rimbambito, più che conquistato, dalla procacità di Agnese (Peppino De Filippo), un poeta squattrinato, approfittatore e impenitente (Vittorio De Sica), e infine il bello e prestante atleta del rispetto che cade nella trappola più comune pur di concupire l’ingenua bellezza (Raf Vallone).